Anche gli amori di una vita possono finire. Uno dei due comunica che “non è più come prima”, “si è rotto qualcosa”, il desiderio si è deteriorato. Abbandono e tradimento trasfigurano il volto dell’Altro che non è più l’ideale, colui che salva, ma chi ha fatto del male, chi non è più presente, chi ha tradito la promessa che “sarebbe durata per sempre”. La delusione crea un ferita perché l’altro non sarà più il sostegno ideale. Il tradimento del patto contamina il rapporto di fiducia.

“Perdono quel che è stato fatto?” o “vivo l’impossibilità di perdonare?”. 

Il perdono o l’impossibilità di perdonare dipende esclusivamente da una decisione personale non correlata dai comportamenti dell’altro.

L’impossibilità del perdono è una delle due facce della medaglia in cui si manifesta l’amore. È impossibile accettare l’abbandono, il tradimento di quel rapporto “per sempre”. La presenza dell’altro diventa un’assenza, decido che l’altro non esiste anche se non è morto realmente, che tutto è finito. Il lavoro del lutto vede andare via uno dei due per primo e l’altro è lasciato nei suoi ricordi e nella solitudine. 

Il perdono richiede del tempo, decidere se si è disposti a rinnovare la fiducia, ad attraversare il ricordo dell’offesa per raggiungere un punto in cui è possibile un nuovo inizio. Pur tuttavia questo non cancellerebbe la ferita. Nel lavoro del perdono vi è la possibilità  di un nuovo inizio, di salvare l’altro dalla morte, l’altro è vivo e presente.

Per entrambi i lavori del lutto e del perdono “si tratta di raggiungere un punto di oblio attraverso la memoria” (Recalcati, 2014, p. 99).